Una notte in porto a Genova: una nave, tre donne e due cani in cerca di futuro

Una notte in porto a Genova: una nave, tre donne e due cani in cerca di futuro

Genova – All’improvviso la notte di Genova è tutta in una nave che arriva in porto con centinaia di persone a bordo. Gente che scende di fretta, dopo ventidue ore di navigazione da Palermo. Uno dopo l’altro gli umani lasciano quel luogo di passaggio che li porta da una parte all’altra della loro vita e a bordo de “La Superba” rimangono dieci cani, in attesa di essere sbarcati, per ultimi, insieme a chi li ha accompagnati in questo viaggio verso una vita diversa. Sicuramente migliore di quella su cui hanno lasciato l’impronta delle loro zampe.

Dei passeggeri che hanno calcato le onde del Mediterraneo nulla si sa e nulla si chiede: ognuno così preso nelle proprie faccende e probabilmente solo desideroso di raggiungere la meta finale di un viaggio da sud a nord del Paese.

Gli esseri a quattro zampe, invece, quello che hanno visto e vissuto prima di toccare terra nel capoluogo ligure forse avrebbero anche voglia di raccontarlo a differenza dell’altra specie che corre via alla spicciolata. Loro, con quelli che camminano eretti, condividono probabilmente giusto lo stesso desiderio di giungere in un “porto sicuro”. E la storia sui cui hanno lasciato odori e tracce del loro passaggio fino a questa notte, la si può intuire al massimo solo attraverso l’osservazione del loro sguardo e dei loro corpi che si stendono oltre le gabbie del canile di bordo, tra un abbaio e uno scodinzolio quando riconoscono l’odore delle persone che li hanno accompagnati in un viaggio che li allontana da un passato comune all’interno del canile municipale di Palermo. Del loro presente, ora, c’è però una certezza: ci sarà qualcuno a raccontare il futuro che verrà.

A farlo sono tre donne che nel 2012 si “trovano”, semplicemente. Sono Micol Chiari, Elena Bologna e Ilaria Sanna. Genovesi, oggi tra i trenta e i trentacinque anni, all’epoca e ancora adesso con lo sguardo aperto a un modo di sentire il mondo come un luogo in cui c’è posto per tutti, umani e animali. La vita in comune che hanno alle spalle e quella che onorano anche questa sera sulla banchina del porto di Genova ha origine in una radice comune, tipica di chiunque trasformi la cinofilia in una missione: l’incontro con un cane che cambia l’intera percezione dell’esistenza, dei rapporti non solo tra specie diverse ma anche tra gli stessi esseri umani. Tre cani – Alfio, Zeus e Haice – che sconvolgono singolarmente la loro esistenza e la trasformano in un progetto comune. «Tre mostri problematici», come racconta Ilaria con disarmante ironia, che le portano a entrare in contatto prima con la realtà del volontariato nell’ex canile di via Adamoli, diventare educatrici cinofile e poi decidere di creare un posto diverso: un “rifugio” in cui accogliere degli ospiti e vivere con loro e tra di loro una relazione di amicizia, condivisione e comprensione tra individui – umani e animali – che si trasforma in un luogo chiamato “Buoncanile” che sorge a Davagna, all’altezza del ponte di Cavassolo.

A bordo della nave ci sono Elena e Ilaria. Ad aspettarle sul pontile c’è Micol. Dei dieci cani che con loro hanno lasciato il canile di Palermo, ce ne sono due che entrano da questa notte a far parte del “branco” di Dogsville, altro modo in cui hanno chiamato il loro “posto sicuro” in cui è possibile anche portare cani di proprietà in pensione così da sostenere le loro attività che non hanno alcuna sovvenzione pubblica.

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I primi a lasciare quel luogo di passaggio attraverso la vita sono otto “passeggeri” dal pelo e dall’età più svariata. Cuccioli, pitbull e meticci che raggiungono chi li sta aspettando a terra: adottanti e persone che li terranno in stallo verso, appunto, una speranza di vita migliore rispetto alle gabbie sopraffollate e l’alienazione di un canile in cui sono stipati centinaia di animali come in tante altre realtà di un’Italia che (mal)tratta così i “più deboli” in generale, di qualsiasi specie si tratti e compresa quella stessa di appartenenza.

Gli ultimi a scendere sono Cap e Fochetta. Il primo è un pastore dallo sguardo buono che ha vissuto per otto anni in canile. Ovvero da quando è nato. Sopravvissuto a una torsione dello stomaco, la sua vita sembrava dovesse proprio finire in quel box che condivideva con molti altri suoi “colleghi” di un destino che per lui è stato smentito dalla realtà della Lanterna che illumina la sua prima passeggiata da cane fuori da una gabbia. Fochetta, dal canto suo, non sta messa meglio in quanto a quello che ha vissuto sul suo pelo nero e arruffato per il viaggio. Travolta da una macchina, con una zampa posteriore che ancora le pende per una frattura non ricomposta, con i suoi probabili sette anni non ha visto altro che quelle stesse sbarre del luogo in cui è stata incarcerata.

Elena, Ilaria e Micol questa volta hanno scelto loro per continuare quello che hanno chiamato il “progetto Palermo”. «Andiamo un paio di volte all’anno a scegliere dei cani che secondo noi hanno più probabilità di adozione e li portiamo a Buoncanile. Grazie alla collaborazione dei volontari locali passiamo del tempo lì e poi facciamo anche da madrine di viaggio per portare su alcuni che poi appunto vanno verso altre destinazioni». spiega Micol Chiari mentre vede finalmente da lontano spuntare prima Ilaria con Fochetta al seguito e poi Elena con Cap.

La notte di Genova iniziata così nel suo cuore, quel porto simbolo e simulacro del passare di vite di ogni specie e ogni storia, finisce sulle alture di Davagna. Lì Cap e Fochetta troveranno un branco ad aspettarli e proveranno per la prima volta cosa vuol dire essere considerati per quel che sono: individui appartenenti a una comunità in cui ognuno ha un suo carattere, un suo posto nel mondo. Come per noi umani, del resto, ma con regole sociali e relazioni che rimarranno per noi umani imperscrutabili, alla fine.

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Il vero viaggio di questi due cani, però, non termina lì a Cavassolo. Anzi, è proprio qui a Genova che inizia di nuovo. Ora i meticcioni siculi sono in attesa che la loro forza vitale, quel passeggiare nel mondo come se nonostante tutto il male subito nulla sia successo finché si vive nel “qui ed ora” venga condiviso con un umano.

Ma c’è qualcosa da ricordare, però, a chi è finito su queste righe e sta lì a pensare che è pronto a adottare un cane e che uno valga un altro. Ilaria, Micol e Elena non chiedono altro che una cosa da parte dei cani che ospitano e di quei tanti che hanno incontrato e dovuto lasciare lì dove nessun essere libero dovrebbe essere. Chiunque desideri incontrare Cap e Fochetta o passare a Davagna a conoscere i loro nuovi amici, sia cosciente che avere un cane è davvero una scelta di vita da fare con un’unica certezza: il legame sarà unico e meraviglioso se si è pronti a mettersi in gioco. Chi adotta deve avere molto coraggio, del resto: quello con il cane della vita sarà un rapporto unico, un continuo scambio reciproco. Sarà uno specchio in cui guardarsi. E sarà quello il vero viaggio da fare. Sempre in compagnia.

Articolo tratto da: IL SECOLO XIX – 10 ottobre 2018

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